L’altra Marilyn, era una stella proprio perché malata – da “Vanity Fair”

«Lei recitava Marilyn Monroe, non era Marilyn Monroe. Non è che l’abbiamo trattata come un caso clinico, lei è un caso clinico». Lo precisa subito Liliana Dell’Osso direttrice della clinica psichiatrica dell’Università di Pisa che racconta il libro scritto con Riccardo Dalle Luche e che si intitola L’altra Marilyn. Psichiatria e psicoanalisi di un cold case. Non una biografia come ce ne sono decine, ma uno studio scientifico sull’attrice morta in circostanze mai del tutto chiarite il 4 agosto 1962 per scoprire «il paradosso dell’autismo sottosoglia sotto la maschera della seduzione».

IDEA
Un’idea venuta per caso durante il Campus Angelini 2013 che riunisce gli specializzandi italiani di psichiatria. La professoressa ha proposto in forma anomina casi clinici che ha poi svelato essere personaggi famosi, appunto Marilyn Monroe, ma anche Lady Diana e Kurt Cobain. Su Marilyn è partito un approfondimento. «Non immaginavo che questa donna fosse così malata e mi sono chiesta come una persona in queste condizioni potesse costruire un personaggio tanto duraturo e iconico».

IL VERO ENIGMA
Non è la morte, che resta misteriosa, ma il percorso fra l’ascesa senza freni e la caduta vertiginosa il vero enigma. Era una donna sofferente e malata, prima ancora che insoddisfatta e infelice, ma è diventata un’icona grazie alla sua psicopatologia. «Dietro questa maschera iperaffettiva e seduttiva, si nascondeva una persona con tratti autistici, grosse difficoltà di comunicazione, fobia sociale e timidezza». Il cold case è scoprire il mistero che c’è dietro la maschera di Marilyn. «Che lei sia morta per suicidio o che sia stata fatta uccidere conta poco, comunque è morta a causa della sua psicopatologia».

AUTISMO
Borderline è un termine già molto usato per Marilyn come il bipolarismo, ma in questa analisi si aggiungono sintomi dello spettro autistico. «È un soggetto che non ha avuto questa diagnosi fra infanzia e adolescenza». Nella prima parte della sua vita ci sono i riflessi positivi di questa condizione sull’identità personale, «la perseveranza nel perseguire un obiettivo e la ricerca della perfezione l’hanno aiutata a diventare quella che è». Ma questa non era la vera lei. «Aveva creato a tavolino questa maschera, alla fine perfetta, che sopravvive nel tempo come nessun’altra».

AUTOPSIA PSICOLOGICA
«Io preferisco psichiatrica» precisa la professoressa Dell’Osso, che continua «la suicidologia è nata a Los Angeles quattro anni prima della morte di Marilyn e la prima autopsia psichiatrica della storia è proprio quella sulla Monroe». Da tecnici gli autori del libro hanno rifatto l’autopsia: primo passo acquisire la documentazione clinica completa sul caso, quindi affrontare tutti i punti critici, dal punto di vista diagnostico, farmacologico, tossicologico e psicoterapeutico.

MUORE GIOVANE CHI È CARO AGLI DEI
Marilyn è un prototipo di paziente borderline complesso che «forse, proprio in virtù della sua diversità e dei suoi tratti autistici, ha raggiunto la vetta della celebrità». Una teoria generale che potrebbe estendersi alla relazione tra tante esistenze borderline e genialità non solo in campo artistico e musicale, ma anche letterario e scientifico. Il perfezionismo porta i risultati, ma è anche la spia di una fragilità di base che esplode nei momenti traumatici, anche non gravi, sviluppando una psicopatologia da stress post traumatico. Da qui viene l’abuso, che sia alcol o droga, il comportamento spericolato e i gesti autolesivi, fino al suicidio. «Tantissimi pazienti ci si possono ritrovare» e la ragione d’essere del libro sta proprio nel delineare questi percorsi al di là dell’emblema Monroe.

 

LINK: https://www.vanityfair.it/benessere/salute-e-prevenzione/16/03/14/marilyn-monroe-teoria-autismo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *